Analisi fondamentale

L’analisi fondamentale è lo studio dei bilanci delle aziende, al fine di calcolare il “fair value”, ovvero
il valore corretto (valore intrinseco).
Siccome il prezzo corretto di un’azione dovrebbe avvicinarsi alla capacità che ha l’impresa di
produrre utili nel futuro, ed i risultati futuri non possono essere certi, non esiste un “fair value”
sicuramente corretto, ma è solamente possibile stimarlo.


Una volta calcolato questo valore, l’investitore potrà compararlo al prezzo delle azioni quotate in
borsa, capendo così se l’azione è sopra o sottovalutata dal mercato.
Qualora l’azione fosse sottovalutata (quindi il prezzo di mercato è inferiore al valore intrinseco
o “fair value”) significherebbe aver scovato una opportunità di guadagno, e bisognerebbe
solo aspettare che il mercato si accorga di questo “errore” e lo corregga, facendo alzare le
quotazioni.


Warren Buffet, il più famoso investitore al mondo, è un seguace di questo tipo di analisi, materia
che imparò direttamente dal suo inventore, l’economista Benjamin Graham, che la introdusse alla
Columbia University nel 1928.
Oltre a Warren Buffet sono molti gli investitori, in tutto il mondo, ad utilizzare questa filosofia
di investimento, tra questi possiamo citare alcuni tra i piu’ famosi e di successo come Joel
Greenblatt, Mario Gabelli e Charlie Munger.
Quello che accomuna tutti questi investitori è la pazienza; Una volta scovata una opportunità,
bisogna saper aspettare che il mercato si “accorga” dell’errore e “corregga” le quotazioni

A) Bilancio
B) Metodo di valutazione
C) Cash flow

Il bilancio

Il bilancio di esercizio è un documento redatto da una società al fine di determinare il reddito
conseguito dall’azienda nel periodo amministrativo considerato (esercizio) e il capitale di
funzionamento esistente alla fine dello stesso periodo.
Il bilancio di esercizio risulta composto da:
• stato patrimoniale
• conto economico
• nota integrativa
Il bilancio consolidato è il bilancio che evidenzia la consistenza patrimoniale e l’andamento
economico di un insieme di società controllate da una stessa società capogruppo che lo redige.
Nel caso di gruppi di imprese, il bilancio consolidato è il documento che permette di ovviare alle
carenze informative dei bilanci delle aziende che detengono partecipazioni significative, infatti il
bilancio di esercizio di tali società ha scarso valore informativo.
Per tale motivo, il bilancio consolidato è l’unico strumento in grado di fornire una
rappresentazione corretta e veritiera della consistenza patrimoniale e del risutato economico di
un gruppo.
Il bilancio consolidato risulta composto da:
• stato patrimoniale
• conto economico
• nota integrativa
Lo stato patrimoniale
Lo Stato Patrimoniale (S.P.) è il documento di bilancio che espone la situazione, alla data di
bilancio, delle attività e passività che compongono il patrimonio di una società e ne indica il loro
saldo (patrimonio netto).
Risulta composto da due sezioni, attivo e passivo, che indicano:
dal lato attivo, gli investimenti, ossia la modalità di impiego delle risorse raccolte;
dal lato passivo, le fonti di finanziamento.
In base all’articolo 2424 del codice civile, lo stato patrimoniale deve essere redatto in
conformità al seguente schema:
ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già
richiamata.
B) Immobilizzazioni:

I – Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili
5) avviamento
6) immobilizzazioni in corso e acconti
7) altre
Totale
II – Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati
2) impianti e macchinario
3) attrezzature industriali e commerciali
4) altri beni
5) immobilizzazioni in corso e acconti
Totale
III – Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli
importi esigibili entro l’esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate
b) imprese collegate
c) imprese controllanti
d) altre imprese
2) crediti:
a) verso imprese controllate
b) verso imprese collegate
c) verso controllanti
d) verso altri
3) altri titoli
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo
Totale
Totale immobilizzazioni (B)
C) Attivo circolante:
I – Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati
3) lavori in corso su ordinazione
4) prodotti finiti e merci
5) acconti
Totale
II – Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) verso clienti
2) verso imprese controllate
3) verso imprese collegate
4) verso controllanti
5) verso altri
Totale
III – Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate
2) partecipazioni in imprese collegate
3) partecipazioni in imprese controllanti
4) altre partecipazioni
5) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo
6) altri titoli
Totale
IV – Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali
2) assegni
3) danaro e valori in cassa
Totale
Totale attivo circolante (C)
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti.
PASSIVO
A) Patrimonio netto:

I Capitale
II Riserva da sopraprezzo delle azioni
III Riserve di rivalutazione
IV Riserva legale
V Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI Riserve statutarie
VII Altre riserve, distintamente indicate
VIII Utili (perdite) portati a nuovo
IX Utile (perdite) dell’esercizio
B) Fondi per rischi e oneri:
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili
2) per imposte
3) altri
Totale
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) obbligazioni
2) obbligazioni convertibili
3) debiti verso banche
4) debiti verso altri finanziatori
5) acconti
6) debiti verso fornitori
7) debiti rappresentati da titoli di credito
8) debiti verso imprese controllate
9) debiti verso imprese collegate
10) debiti verso controllanti
11) debiti tributari
12) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale
13) altri debiti
Totale
E) Ratei e risconti con separata indicazione dell’aggio su prestiti
Il conto economico
Il Conto Economico (C.E.) è il documento di bilancio che indica i ricavi ed i costi di competenza
dell’esercizio e, a loro saldo, l’utile o la perdita.
Il conto economico evidenzia le diverse fasi di formazione del risultato d’esercizio che, per
effetto dei ricavi e dei costi connessi alla varietà di operazioni effettuate dalla società, potrà
essere:
positivo (utile) ;
negativo (perdita).
In base all’articolo 2425 del codice civile, il conto economico deve essere redatto in conformità
al seguente schema:
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio
Totale
B) Costi della produzione
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
7) per servizi
8) per godimento di beni di terzi
9) per il personale:
a) salari e stipendi
b) oneri sociali
c) trattamento di fine rapporto
d) trattamento di quiescenza e simili
e) altri costi
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni
d) svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
12) accantonamenti per rischi
13) altri accantonamenti
14) oneri diversi di gestione
Totale
Differenza tra valore e costi della produzione (A-B)
C) Proventi e oneri finanziari:
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e
collegate
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese
controllate e collegate e di quelli da controllanti
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni
c) da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e
collegate e di quelli da controllanti
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e
collegate e verso controllanti
Totale (15-16-17)
D) Rettifiche di valore di attività finanziaria:
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c) di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c) di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
Totale delle rettifiche (18-19)
E) Proventi e oneri straordinari:
20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono
iscrivibili al n. 5
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni i cui effetti contabili non
sono iscrivibili al n. 14 e delle imposte relative a esercizi precedenti
Totale delle partite straordinarie (20-21)
Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D+-E)
22) imposte sul reddito dell’esercizio
23) (risultato dell’esercizio)
24) (rettifiche di valore operate esclusivamente in applicazione di norme tributarie)
25) (accantonamenti operati esclusivamente in applicazione di norme tributarie)
26) utile (perdita) dell’esercizio

Metodi di valutazione

Esistono diversi metodi di valutazione delle aziende, ecco i pricipali.
DCF (Discounted Cash Flow): questo metodo è riconosciuto come il più accreditato dalle
moderne teorie aziendali. Secondo questo modello il valore del capitale proprio di un’azienda è
dato dal valore attuale dei flussi di cassa che sarà in grado di generare in futuro, scontati ad un
adeguato tasso di attualizzazione. In generale tale calcolo prevede la determinazione del valore
attuale dei flussi di cassa operativi attesi per un periodo di previsione esplicito e un valore finale,
corrispondente al valore attuale dei flussi successivi al periodo di previsione analizzato.
In formule, il DCF è dato da:


Il metodo dei multipli di mercato: Il metodo dei multipli di mercato presuppone che il valore
di una società si possa determinare assumendo come riferimento le indicazioni fornite dal
mercato per società con caratteristiche analoghe a quella oggetto della valutazione. Il metodo
si basa sulla determinazione di multipli calcolati come rapporto tra valori borsistici e grandezze
economiche, patrimoniali, finanziarie di un campione selezionato di società comparabili. I
moltiplicatori così calcolati vengono applicati, con le opportune integrazioni, alle corrispondenti
grandezze delle società oggetto di valutazione. I multipli maggiormente utilizzati sono EV/
EBITDA, EV/EBIT, Price/earning, EV/Sales…
EVA (Economic Value Added): è una metodologia di valutazione di particolare interesse, che
offre una diversa, ma complementare, rappresentazione del valore rispetto al DCF. L’EVA è
una metodologia di determinazione della performance d’azienda correlata all’obiettivo di
massimizzazione del valore per gli azionisti. Viene utilizzata per misurare il valore creato per
gli azionisti, ovvero il profitto che residua dopo avere dedotto il costo del capitale investito
utilizzato per generare quel profitto. Il metodo DCF si fonda sull’attualizzazione dei risultati
futuri, l’EVA invece spiega una porzione considerevole del valore aziendale sulla base delle
performance conseguite fino ad oggi e dalle aspettative di crescita di medio termine (il valore è
calcolato sulla base dei risultati che l’impresa saprà raggiungere in futuro, ma anche dei risultati
conseguiti fino ad oggi).
DDM (dividend discount model): dal punto di vista metodologico è molto simile al DCF, soltanto
che in questo caso ad essere attualizzati non sono i flussi da cassa disponibili per gli azionisti,
ma i dividendi futuri attesi.
Metodo reddituale: il valore delle società è dato dall’attualizzazione dei redditi previsti (ad
esempio il ROE) per i singoli esercizi appartenenti al periodo di proiezione, più eventualmente
un valore terminale che rispecchi i redditi che l’azienda produrrà nel periodo che va dalla fine
dell’orizzonte temporale di stima all’infinito.
Metodo patrimoniale: questo metodo non viene utilizzato di frequente nelle valutazioni di
azienda, in quanto i casi idonei al suo utilizzo sono piuttosto rari. In particolare è applicabile
qualora i beni che compongono il patrimonio aziendale siano caratterizzati da un proprio valore,
rilevante ed autonomo. I casi in cui l’utilizzo del metodo patrimoniale è più frequente sono
società immobiliari e holding pure. Generalmente si applica infatti ad aziende che sono prive di
attività produttiva, che sono semplicemente un contenitore di immobili o di partecipazioni.
Metodo misto patrimoniale reddituale: il metodo patrimoniale trascura la valutazione della
redditività futura dell’azienda, il metodo reddituale trascura la valutazione della consistenza
patrimoniale. I metodi misti patrimoniali-reddituali rappresentano una sintesi tra i due
procedimenti precedenti con l’obiettivo di esprimere il valore dell’azienda in funzione sia del
patrimonio che del reddito.
Embedded value: la valutazione del valore di una società di assicurazione presuppone
l’identificazione del valore attuale del flusso di reddito derivante dal portafoglio di polizze in
essere. L’embedded value è definito come somma di tale flusso reddituale e del patrimonio netto
rettificato della società a valori di mercato. Viene calcolato mediante attualizzazione del flusso
di utili che la compagnia d’assicurazione incasserà in futuro grazie alle polizze (fino a scadenza).
In formule, l’Embedded value è dato da:
EV= net asset value + in Force value
Il Net asset value (o valore attuale netto) valorizza a prezzi correnti di mercato il patrimonio della
società ed è dato dal patrimonio netto più le plusvalenze non realizzate meno l’avviamento.
Mentre l’In force value (o valore in essere) è, il valore attuale netto del portafolgio vita in essere.
EV (enterprise value)
L’enterprise value di una società quotata i una società è un indicatore molto utilizzato nell’analisi
finanziaria che individua il valore complessivo di una società quotata.
L’EV corrisponde alla capitalizzazione di borsa del titolo quotato, risulta, dunque, ricavabile
come prodotto tra il prezzo corrente di un titolo e il numero di azioni che compongono il capitale
sociale. A tale valore è necessario, poi, aggiungere l’indebitamento finanziario netto.
In formule, l’EV è dato da:
EV= p. numero azioni + indebitamento funzionario netto
In relazione all’enterprise value è possibile calcolare alcuni multipli di mercato molti utili ai fini
dell’analisi finanziaria quali ad esempio:
• EV/Ebit
• EV/Ebitda
• EV/Sales

Il cash flow: la guida completa

Il cash flow (o flusso di cassa) è la differenza tra le entrate e le uscite monetarie di una gestione
aziendale, attraverso i mezzi di pagamento come la cassa, la banca e simili.
Se tale differenza è positiva significa che un’impresa incassa di più dai suoi clienti di quanto
spende per pagare i suoi fornitori, il contrario se la differenza è negativa.
Il cash flow non coincide quasi mai con il profitto aziendale, in quanto sono due concetti molto
differenti. La ragione sta nel fatto che il primo rappresenta una grandezza finanziaria e la
seconda una grandezza economica, essendo la differenza tra ricavi e costi.
Vediamo di chiarire meglio.
In un bilancio aziendale vi sono delle poste monetarie, cioè che hanno una corrispondenza in
termini di denaro, e poste puramente contabili a cui non corrisponde alcuna manifestazione
monetaria, come ammortamenti, accantonamenti, ratei, risconti e altri.
Ad esempio supponiamo che l’azienda XYZ alla fine dell’anno presenta questa situazione del
conto economico:
Ricavi dalle vendite 100ml
– Costi operativi -50ml
– Ammortamenti – 30ml
– Accantonamenti -10ml
= Utile d’esercizio 10ml
Immaginiamo anche che tutti i prodotti venduti e gli acquisti effettuati vengano saldati entro
l’anno in corso. Alla fine dell’anno si avrà un profitto aziendale di 10ml, ma un cash flow di 50ml
in quanto gli ammortamenti e gli accantonamenti, essendo dei valori solo contabili, non danno
luogo ad entrate ed uscite di denaro, per cui non vengono considerati nel calcolo del cash flow.
Ovviamente l’ipotesi di base è che tutti i crediti derivanti dalle vendite e tutti i debiti che
scaturiscono dagli acquisti vengano regolati: in tal caso il cash flow coinciderebbe con la
differenza tra ricavi e costi operativi. In realtà questo non avviene quasi mai, in quanto non tutti
i pagamenti sono puntuali e, quindi, se ipotizziamo che un 20% delle vendite non verrà saldato
entro l’anno e un 10% dei costi operativi ha una scadenza oltre l’anno, il cash flow sarà così
determinato:
Ricavi dalle vendite 100ml
– Costi operativi -50ml
– crediti non esatti -20ml
+ debito non pagati +10ml
= Cash flow +40ml
Quindi si potrebbe dire che il cash flow rappresenta la differenza tra quanto viene effettivamente
incassato per i crediti vantati e quanto viene effettivamente versato per i debiti contratti.
Chiaramente l’esempio è estremamente semplicistico, perché in una gestione aziendale vi sono
da considerare tante altre voci che possono generare flussi di cassa oltre la gestione operativa,
come ad esempio interessi sui mutui contratti, tasse pagate, spese straordinarie non previste e
altri.
In termini ancora più semplicistici, si può calcolare il cash flow come differenza tra la liquidità
aziendale di fine esercizio e quella di inizio esercizio
. Tale liquidità è rappresentata dalle voci in
bilancio che hanno valenza monetaria, come cassa e banca.
Come interpretare il cash flow in una realtà aziendale
Come visto, il profitto è una cosa molto diversa dal flusso di cassa, per cui ci può trovare in
situazioni di aziende molto profittevoli ma che hanno un flusso di cassa basso o addirittura
negativo. Allo stesso modo esistono realtà aziendali poco profittevoli, ma con una solidità
monetaria tale per cui il cash flow sarà molto positivo.
Qualora il cash flow dovesse essere negativo le ragioni possono ricondursi a diversi fattori, più o
meno legati alla capacità di produrre profitto da parte di un’azienda, ad esempio:
scarso potere contrattuale, per cui i crediti vengono riscossi con una velocità minore rispetto ai
debiti contratti
eccessivi investimenti che hanno comportato esborsi finanziari notevoli
calo generalizzato delle vendite che ha prodotto un aumento delle giacenze in magazzino
inefficienza generale dei costi sostenuti in rapporto alla produttività che generano alte spese
(per il personale, per gli affitti, per l’energia, ecc.) a cui non corrisponde un profitto adeguato
incidenza della gestione non caratteristica e finanziaria, come ad esempio alto indebitamento
che produce costi di finanziamento periodici consistenti
Al contrario, un cash flow è positivo può significare:
alto potere contrattuale nei confronti dei propri clienti, ovviamente esso è tanto maggiore
quanto migliore è il posizionamento di mercato dell’azienda
capacità di smaltire velocemente le scorte in magazzino grazie a continue richieste di ordini
investimenti aziendali che rientrano velocemente in termini produttivi e, quindi, monetari
notevole capacità di performare in tutti i fattori produttivi che contribuiscono al processo
aziendale
scarsa incidenza della gestione non caratteristica e finanziaria, ad esempio livelli bassi di
indebitamento che producono esborsi finanziari periodici per interessi contenuti
In una realtà aziendale avere un cash flow positivo spesso viene considerato dagli analisti anche
più importante della capacità di produrre reddito, in quanto è un segnale eloquente di stabilità
economico-finanziaria dell’azienda stessa.
Flussi di cassa continui comportano la capacità di far fronte agevolmente a tutti gli impegni di
ordinaria amministrazione, come remunerare il personale, sostenere le spese correnti aziendali,
e anche di liberare risorse per autofinanziare gli investimenti per lo sviluppo e la crescita con
riflessi sulla possibilità futura dell’azienda di creare profitto.
Quando invece un’azienda non produce flussi di cassa positivi, normalmente palesa delle
difficoltà nella gestione finanziaria operativa e, quindi, spesso deve ricorrere a fonti di
finanziamento esterno, compromettendo coi costi per il finanziamento il risultato d’esercizio.
Come risolvere i problemi di cash flow negativo
Quando un’azienda non riesce a ottenere un cash flow positivo, spesso il management ricorre
a delle formule strategiche per rendere più efficiente la gestione finanziaria dell’impresa, ad
esempio:
porta allo sconto crediti di breve, ottenendo liquidità dagli istituti di credito. Le forme tecniche
consistono nell’anticipo salvo buon fine, nello sconto di effetti cambiari, nell’anticipo fatture e
RiBa, nelle cambiali finanziarie, ecc
chiede finanziamenti a lungo termine per gli investimenti aziendali, in modo da diluire in un tempo
più ampio gli esborsi finanziari del finanziamento
cerca di anticipare i pagamenti ricevuti il prima possibile, magari attraverso una politica di sconti
ai clienti, e di posticipare quanto più possibile i pagamenti da effettuare attraverso maggiori
dilazioni di pagamento. In quest’ultimo caso, molto dipende dal potere contrattuale dell’azienda
cerca di liquidare beni strumentali diventati inutilizzabili o obsoleti, come pure giacenze di
magazzino che non riesce a smaltire, tramite la vendita a sconto sul mercato
Le varie tipologie di cash flow
L’interpretazione del cash flow può variare a seconda dei soggetti a cui si rivolge, per questo è
possibile individuare diverse tipologie di cash flow.
Eccole di seguito.
Free Cash Flow from Operations (FCFO)
Detto anche “Flusso di cassa operativo”, è il cash flow che viene generato dalla gestione
caratteristica dell’azienda e, in sostanza, rappresenta il margine operativo lordo in termini
monetari.
Unlevered Free Cash Flow (UFCF)
Detto anche “Flusso di cassa per l’impresa”, rappresenta ciò che rimane in denaro liquido per
tutti gli stakeholder aziendali (azionisti, obbligazionisti, finanziatori) una volta che l’azienda ha
finanziato la gestione operativa, ha sostenuto gli investimenti necessari e ha pagato le imposte.
Free Cash Flow to Equity (FCFE)
Detto anche “Flusso di cassa per gli azionisti”, esprime il flusso di cassa residuale che spetta
agli azionisti una volta esaurito tutto il ciclo di pagamenti effettuati e ricevuti di tutta la gestione
aziendale. C’è da precisare che, in caso di aumento o diminuzione del capitale, sono gli stessi
azionisti a generare o a ridurre cash flow, quindi tale aumento o tale diminuzione non vengono
tenuti in considerazione.
Alla luce di tutto questo si può risalire ai vari cash flow come segue:
Utile d’esercizio
+ Tasse su Utile Operativo
+ Ammortamenti
+ Accantonamenti
+ Svalutazioni attività
± Variazione del capitale circolante
= Free Cash Flow from Operations (FCFO)
± Incremento passività
– Interessi sui finanziamenti
= Unlevered Free Cash Flow (UFCF)
± Incremento passività
– Dividendi dalla società
= Free Cash Flow to Equity (FCFE)
Utilizzi del cash flow nelle analisi di bilancio
Molti analisti osservano le realtà aziendali prendendo a riferimento alcuni indici che interessano
il cash flow e che vengono utilizzati per descrivere lo stato di salute di un’azienda. Di seguito
eccone alcuni:
Cash flow operativo/Ricavi di vendita
Questo rapporto indica quanto ogni euro di fatturato riesce a creare risorse monetarie nella
gestione caratteristica. Questo valore è molto importante perché dà l’idea di quanto tale
gestione assorba denaro liquido e, di conseguenza, quanto il ricorso a fonti esterne di capitale
sia necessario per sostenere la produzione.
È essenziale anche che vi sia un certo monitoraggio nel tempo, in modo da evitare che fenomeni
di espansione o di contrazione del fatturato non alterino l’equilibrio finanziario dell’azienda.
Se, per esempio, all’aumentare del fatturato il rapporto diminuisce allora significa che a una
maggiore efficienza economica non corrisponde un’altrettanta efficienza finanziaria: giocoforza
la prima è avvenuta per effetto di una maggiore dilazione nei pagamenti che è stata concessa ai
clienti, peggiorando l’equilibrio finanziario di breve periodo.
Cash flow operativo/Indebitamento finanziario
Tale indice è importante per valutare in quanto tempo un’azienda è in grado di pagare il suo
livello di indebitamento, con la produzione di denaro liquido dalla sua attività.
Quanto maggiore è tale rapporto, tanto migliore è l’equilibrio finanziario dell’azienda. Viceversa,
un rapporto basso significa che l’impresa ha difficoltà a creare liquidità nel processo aziendale
per far fronte ai suo impegni finanziari utili per sostenere l’attività.
Cash flow operativo/capitale investito
Esso esprime quanto il capitale investito nell’azienda abbia un ritorno monetario nella gestione
caratteristica, pertanto è una misura dell’efficienza finanziaria degli impieghi aziendali in tutto il
processo produttivo.
Maggiore sarà l’indice, tanto più l’azienda impiega il capitale in maniera efficiente. Viceversa,
minore sarà il rapporto quanto più l’azienda troverà difficoltà a monetizzare il capitale investito.
Utilizzo del cash flow nella determinazione del valore di un’azienda
Uno dei metodi più utilizzati per determinare il valore di un’azienda è quello del discounted cash
flow, che consiste nell’attualizzazione dei flussi di cassa futuri previsti per un periodo di tempo
determinato, ad un adeguato tasso di attualizzazione.
La formula matematica è la seguente:


Dove:
DCF = Discounted cash flow
t = unità di tempo
n = ultima unità di tempo considerata
r = tasso di attualizzazione
In tal caso, per la determinazione dei flussi di cassa si possono utilizzare o quelli relativi a tutti
gli stakeholder (Unlevered cash flow), oppure quelli riguardo gli azionisti (Free cash flow to
equity).
Nella previsione però dei flussi di cassa si possono seguire tre metodi:
Metodo finanziario analitico. Si ha quando l’orizzonte temporale è definito e coincide
normalmente con la durata aziendale, come risulta dall’atto notarile. La previsione, in tal caso,
viene fatta in modo analitico ogni anno nell’ipotesi sempre che i flussi possano essere previsti
Metodo finanziario sintetico. Viene utilizzato quando l’orizzonte temporale è indefinito e quindi si
basa su flussi di cassa già registrati in passato. Questo metodo presuppone che l’azienda abbia
sempre avuto un certo equilibrio finanziario e non abbia manifestato eccessiva differenza da un
anno all’altro nel cash flow prodotto
Metodo finanziario con terminal value. Esso combina il metodo analitico e quello sintetico, in
quanto si effettua una stima analitica basandosi su previsioni di un arco temporale breve (fino
a 7 anni) e poi si utilizza il metodo sintetico per gli anni a venire. Si ipotizza inoltre un valore
terminale che l’azienda avrà alla fine del periodo considerato, quindi l’attualizzazione tiene conto
sia dei flussi finanziari previsti che del valore finale

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